Atto di Abbandono di Don Dolindo Ruotolo

L’Atto di abbandono di Don Dolindo Ruotolo fu scritto con l’intento di infondere serenità e speranza nelle anime che gli erano affidate.

Atto di abbandono Don Dolindo Ruotolo

Don Dolindo Ruotolo, sacerdote e terziario francescano napoletano – è stato insieme a Padre Pio da Pietrelcina ruota del carro della Chiesa del XX sec. Un amanuense dello Spirito Santo, una Sapienza infusa dall’alto, un taumaturgo di non minor potenza del confratello cappuccino, uno stigmatizzato di Cristo già nel nome, un figlio prediletto della Vergine iniziato alla sapienza delle Scritture, un servo fedele che volle essere il nulla del nulla in Dio e il tutto di Dio negli uomini.

La sua identità è strettamente correlata ad una serie di sfide e difficoltà che ha dovuto superare durante la sua vita per avvicinarsi alla spiritualità cristiana. Don Dolindo Ruotolo appartiene alla Congregazione della Missione, fondata da San Vincenzo de Paoli, e viene ordinato sacerdote il 24 giugno 1905.

Don Dolindo Ruotolo ha diffuso la sua devozione per la Madonna attraverso la parola e la scrittura, scrivendo anche alcuni testi incentrati sulla preghiera del Santo Rosario una delle sue preghiere preferite.

La sua spiritualità è caratterizzata da un profondo attaccamento al Cuore di Gesù e da una particolare fiducia nella sua intercessione. Tra le sue preghiere più significative, spicca l’Atto di Abbandono di Don Dolindo Ruotolo.

Atto di abbandono a Gesù di Don Dolindo Ruotolo

Perché vi confondete agitandovi? Lasciate a me la cura delle vostre cose e tutto si calmerà.
Vi dico, in verità, che ogni atto di vero, ricco e completo abbandono in me, produce l’effetto che desiderate e risolve le situazioni spinose.
Abbandonarsi a me non significa arrovellarsi, sconvolgersi e disperarsi, volgendo poi a me una preghiera agitata perché io segua voi.
È cambiare l’agitazione in preghiera. Abbandonarsi significa chiudere placidamente gli occhi dell’anima, stornare il pensiero dalla tribolazione e rimettersi a me perché io solo operi, dicendo: pensaci Tu. È contro l’abbandono la preoccupazione, l’agitazione e il volere pensare alle conseguenze di un fatto.
E’ come la confusione che portano i fanciulli, che pretendono che la mamma non pensi alle loro necessità, e vogliono pensarci essi stessi, intralciando con le loro idee e le loro fisime infantili il suo lavoro. Chiudete gli occhi e lasciatevi portare dalla corrente della mia grazia, chiudete gli occhi e lasciatemi lavorare, chiudete gli occhi e pensate al momento presente, stornando il pensiero dal futuro come da una tentazione; riposate in me credendo alla mia bontà e vi giuro che per il mio amore che, dicendomi, con queste disposizioni, pensaci tu, io ci penso in pieno, vi consolo, vi libero, vi conduco.
E quando debbo portarvi in una vita diversa da quella che vedete voi , io vi addestro, vi porto nelle mie braccia, vi faccio trovare, come bimbi addormentati nelle braccia materne, dall’altra riva. Quello che vi sconvolge e vi fa male immenso è il vostro ragionamento, il vostro pensiero, il vostro assillo ed il volere ad ogni costo provvedere voi a ciò che vi affligge.
Quante cose io opero quando l’anima, tanto nelle sue necessità spirituali quanto in quelle materiali, si volge a me dicendomi: pensaci tu! e chiude gli occhi e riposa.
Avete poche grazie quando vi assillate per produrle, ne avete moltissime quando la preghiera è affidamento pieno a me. Voi, nel dolore, pregate perché io operi, ma perché io operi come credete…
Non vi rivolgete a me, ma volete che io mi adatti alle vostre idee, non siete infermi che domandano al medico la cura, ma gliela suggeriscono. Non fate così, ma pregate come vi ho insegnato nel Pater: sia santificato il tuo nome, cioè sii glorificato in questa mia necessità, venga il tuo regno, cioè tutto concorra al tuo regno in noi e nel mondo; sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra, cioè disponi tu in questa necessità come meglio ti pare, per la vita nostra terrena e corporale.
Se mi dite davvero: sia fatta la tua volontà, che è come dire: pensaci tu, io intervengo con tutta la mia onnipotenza e risolvo le situazioni più chiuse. Ti accorgi che il malanno incalza invece di decadere? Non ti agitare, chiudi gli occhi e dimmi con fiducia: sia fatta la tua volontà, pensaci tu! Ti dico che io ci penso e che intervengo come medico e compio anche un miracolo, quando occorre. Vedi che la situazione peggiora? Non ti sconvolgere; chiudi gli occhi e dì: pensaci tu! Ti dico che io ci penso, e che non c’è medicina più potente di un mio intervento d’amore.
Ci penso solo quando chiudete gli occhi.
Voi siete insonni, voi volete tutto valutare, tutto scrutare, a tutto pensare e vi abbandonate così alle forze umane e peggio agli uomini, confidando nel loro intervento. È questo che intralcia le mie parole e le mie vedute. Oh, come io desidero da voi questo abbandono per beneficiarvi e come mi addoloro nel vedervi agitati!
Satana tende proprio a questo: ad agitarvi per sottrarvi alla mia azione e gettarvi in preda alle iniziative umane; confidate perciò in me solo, riposate in me, abbandonatevi a me in tutto. Io faccio miracoli in proporzione del pieno abbandono a me, e del nessun pensiero di voi. Io spargo tesori di grazia quando voi siete nella piena povertà. Se avete vostre risorse, anche poche, o se le cercate, siete nel campo naturale e seguite quindi un percorso naturale delle cose che è spesso intralciato da satana.
Nessun ragionatore ha fatto miracoli, neppure tra i Santi. Opera divinamente chi si abbandona in Dio.
Quando vedi che le cose si complicano, dì con gli occhi dell’anima, chiusi: Gesù, pensaci tu! Fa così per tutte le tue necessità! Fate così tutti e vedrete grandi, continui e silenziosi miracoli! Ve lo giuro per il mio amore.

La falsa imputazione

Quale sventura più inesorabile che quella di capitare innanzi a un tribunale sotto una falsa imputazione? Non c’è nulla di più inflessibile che la legge, né di più freddamente arcigno di chi la applica.
Spesso alla glaciale formula di un codice non si può opporre nulla, perché la giustizia e la verità particolare di un fatto naufragano fra quelle formule, come naufragano tra le oscure influenze che possono determinare praticamente un giudizio e una sentenza.
È vano attendere dalle leggi e dagli uomini la giustizia e la verità. Occorre la preghiera, perché questa attrae sulla povera terra e sugli uomini la luce che li illumina e la forza che li costringe, loro malgrado, a riconoscere la verità e a rendere giustizia.
Non ci lamentiamo mai con Dio, invocando la giustizia su chi ci fa del male, se non vogliamo trovarci dinanzi ad una situazione ancora più penosa. A che giova il castigo inesorabile degli empi? Essi stessi diventano peggiori e ci fanno un male maggiore. Imploriamo per loro i lumi, la misericordia e la conversione sincera affinché conoscano il male che hanno fatto, si emendino e lo riparino. Non è necessaria la violenza, ma la forza interna che li conquida e li muti, e questo dobbiamo implorare dalla misericordia di Dio. Certe grazie sono come i frutti di stagione: maturano a loro tempo col calore del sole.
La misericordia di Dio, invocata con la preghiera è come il sole che fa sbocciare, crescere e maturare quello che nessuna forza umana può ottenere. Scalfisci l’albero perché d’inverno produca la gemma? Percuotilo quanto vuoi, scuòtilo, adìrati, dispèrati, si scuoterà nelle radici ma non germinerà, anzi potrà disseccarsi. Aspetta che la tempesta passi, concìmalo e pòtalo, e ai raggi del sole germinerà. Prega e la tua preghiera attrarrà il sole della grazia sulla tua vita consolandoti nelle tue pene e preparandoti l’eterna felicità. Questo non è un’illusione non è un pascolarsi di parole più o meno vane, che lasciano il tempo che trovano: è l’unica, grande realtà.
Non bisogna spuntare con la sfiducia l’arma della preghiera: la sfiducia ci rende pessimisti; il pessimismo ci riduce non solo nelle forze naturali, ma le sfiacchisce tutte, facendoci perdere in vane recriminazioni, e in più vane lotte fatte all’aria. Che giova irrompere nello sdegno contro l’ingiustizia di chi non ci ascolta e congiura lontano per conto suo? Prega e lo raggiungerai con le saette di Dio che feriscono il cuore, conquidono la ragione e vincono la volontà.
Ricorda la sfida del vento e del sole. Passava un viandante tutto intabarrato nel suo mantello, e il vento disse al sole: tu non sei capace di togliere il mantello dalle sue spalle, la tua luce non giova è… fuori della realtà. E il sole disse: -Provaci tu e poi ci proverò io. Il vento soffiò impetuosamente, ma il viandante più si stringeva il mantello per non farselo sfuggire. Il vento si dichiarò vinto e desistette. Allora il sole dardeggiò il povero viandante che, vinto dal calore, si cavò il mantello.
Non combattere con l’irruenza renditi sole di amore con la pazienza e la preghiera, e vincerai per la grazia di Dio le più ostinate volontà.
(Dal Commento al Profeta Abacuc, a Conclusione, Napoli 22 sett. 1942).

L’attesa, segno di Dio

La preghiera vince sempre, anche quando sembra inutile e sterile ai nostri poveri sguardi, così incapaci di penetrare nei disegni adorabili della divina bontà. Bisogna persuadersi che nessuna preghiera è vana, nessuna, e che invece di sfiduciarsi bisogna insistere, perché, mentre preghiamo, Dio con cura paterna prepara nel mondo gli eventi che debbono consolarci.
Si potrebbe dire che il segno più bello che Dio ci doni della sua bontà sia proprio l’attesa… Se tu domandi da bere alla mamma ed essa tarda a portarti l’acqua, avrai dopo un poco non l’acqua, ma la bevanda sciroppata, perché il cuore materno è ricco di risorse gentili. Credi tu che non sia ricco il cuore di Dio?

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